5 mar 2021

Non lo posso dire? Io lo dico lo stesso

Oggi è un anno esatto in cui è iniziato tutto, almeno per me. Un anno fa venivano chiuse tutte le scuole e nei giorni dopo ci sarebbe stata la chiusura generale di tutto.

E' passato un anno intero e siamo ancora al punto di partenza. Non ci sono progressi, ma un livello costante di non sapere cosa fare, come agire.
Siamo passati dal via e siamo tornati al punto di partenza, con nessuna certezza in più, nessun insegnamento, nessuna lezione appresa. Se l'anno passato ci ha colti tutti all'improvviso ed impreparati ad oggi non dovremmo più esserlo.
Stiamo tutti facendo sacrifici enormi, ma non vediamo risultati se non essere sempre punto e a capo.
Non ho la soluzione in mano, altrimenti sarebbe facile.
Ognuno di noi, in questo anno, si è fatto la propria idea, ha la propria visione della cosa che ci divide e ci separa. Siamo diventati un tutti contro tutti senza distinzioni. Siamo divisi per fazioni, siamo un tifo allo stadio durante il derby.
Non so se è perché cerchiamo un capro espiatorio che ci faccia stare meglio o semplicemente siamo peggiorati in questo lasso di tempo, ci siamo imbastarditi per dirla greve.
Ho sempre creduto che di fronte agli ostacoli sarebbe venuto fuori il meglio di noi, la parte più bella e forte, quella che ci aiuta a superare tutto. In un caso di difficoltà, che non esclude nessuno, credevo che avrebbe prevalso un senso di solidarietà comune, di empatia gli uni verso gli altri perchè, in qualche modo, siamo tutti legati in questo tempo anche con chi non conosciamo. Invece no, siamo pronti a spiare cosa fa l'altro e sputtanarlo in nome del buon senso, siamo diventati tutti moschettieri di chissà che cosa.
Siamo ancora additati o ci dobbiamo nascondere se starnutiamo o abbiamo un colpo di tosse o soffiamo il naso perchè poco importa se in una settimana siamo passati da fare il pupazzo di neve al giacchetto di jeans; siamo additati siamo se siamo a fare una passeggiata o se prendiamo un caffè da asporto.
A marzo dello scorso anno già ci dicevano che l'unica soluzione sarebbe stata il vaccino. Bene siamo qui, a marzo del 2021 con i vaccini che ci sono ad intermittenza e ben lontani da essere sufficienti per la copertura capillare che, secondo loro, servirebbe.
Siamo alle prese con regole su regole che servirebbero ad arginare il numero dei contagi, ci vengono chiesti sacrifici a scadenza regolare, ma i risultati sono sempre deludenti. E' legittimo domandarsi ogni tanto "ma che senso ha? A cosa serve?" .

Vogliamo parlare poi della scuola?
Sembra un vaso di pandora, appena riapri gli studenti diventano subito gli irresponsabili perchè sono contenti di andare a scuola e vedere i propri compagni, ma per colpa loro risalgono i contagi e quindi di nuovo tutti a casa. Facile chiudere, anzi non ci vuole niente, basta una semplice ordinanza e stop. Ma alle conseguenze di queste chiusure ci si pensa mai? Non è che rimangono a casa, in DAD, solo i ragazzi dai 14 ai 18 anni che sono autonomi e possono stare da soli. Ci sono anche tutti gli altri che hanno bisogno di essere seguiti, "controllati", per non parlare poi, ad esempio, di chi ha iniziato la prima elementare ora che deve imparare a leggere e scrivere. Non si può pretendere che impari da solo attraverso uno schermo e che non abbia bisogno di un aiuto fisico vicino. E questo aiuto chi lo da ai nostri bambini e ragazzi? La famiglia, ovvio.
Questa ovvietà mi ha proprio stancato. Non tutti si possono permettere di restare a casa, chiedere congedi parentali o permessi o ferie, anzi siamo in un momento in cui chi ha il lavoro se lo deve tenere ben stretto e basta. Non tutti possono contare sull'aiuto dei nonni a cui lasciare i bimbi. A pensarci bene, poi, è una contraddizione gigantesca: dovremmo lasciare i bimbi alle persone in questo momento più fragili ed esposte. Vi immaginate poi un nonno alle prese con aprire link, accendere il microfono del pc e spippolamenti vari? Non possiamo chiedere troppo.
Chi rimane a casa quindi? La mamma. Che domanda sciocca!
Andava fatto un lavoro alla base per evitare tutto questo. Invece di investire risorse in cose inutili come banchi a rotelle, bonus per monopattini e cavolate varie, i soldi dovevano essere investiti per potenziare la linea internet di modo che fare una lezione in 20 contemporaneamente non dovesse essere passare la maggior parte del tempo a dover dire "Non ti sento", "Mi salta la connessione".
I soldi andavano investiti nel personale scolastico.
Io vivo la situazione della scuola materna.
A settembre si è parlato di bolle. I nostri figli sarebbero stati chiusi nella loro bolla di classe con le loro insegnanti ed un collaboratore scolastico addetto ad accompagnarli in classe e al bagno. Quando spiegarono a me e agli altri genitori che queste erano le linee ministeriali rimasi incredula - "Finalmente hanno assunto il personale che serve" mi sono detta - ma questa incredulità è stata subito sostituita dalla rassegnazione che sarebbe stato un anno complicato più del previsto perchè le bolle erano di fatto solo sulla carta. E' bastata una collaboratrice scolastica positiva per chiudere tutta la scuola perchè il personale gira tutte le classi, non è sufficiente per essere assegnato ad una singola sezione. E quindi a cosa serve parlare di bolle?!
Ma tutto questo è solo un mio parere.

Siamo oramai tutti molto stanchi, stufi, stremati mi viene da dire.
I motivi sono molteplici.
Ci siamo proibiti di una gran parte della nostra vita e dei nostri affetti. Sì, anche di quelli. Non tutti hanno i propri cari nella stessa città o comune o regione. Molti sono i figli che studiano o hanno trovato un futuro lontano da casa e ora sono costretti a non poter riabbracciare mamma, papà, fratelli e sorelle. So che magari non è la priorità del paese, ma non è neanche un dettaglio insignificante che non riguarda solo una piccola parte. Sarà che mi tocca sul personale l'argomento, l'ultima volta che sono stata attorno ad una tavola insieme a mia mamma e le mie sorelle è stato a giugno dello scorso anno, appena riaperto tutto e poi le ho riviste solo una volta separatamente. Non mi sembra giusto che qualcun altro decida se posso o no passare del tempo insieme alla mia famiglia.

Ci siamo proibiti dello svago, di quello necessario per vivere la nostra vita, di quello che ti cancella una brutta giornata, di quello che ci fa stare bene, di quello che "Ah, mi ci voleva proprio!"
Ci siamo proibite, anzi no, diciamo che non era e non è necessario doversi vestire bene e truccarsi per uscire perchè tanto non dobbiamo andare da nessuna parte (vi confesso però che l'altro giorno sono andata a fare la spesa come se fosse sabato sera!).
Sono così stufa che non riesco neanche più ad ascoltare tutta la retorica legata al covid. Ieri sera, per esempio, guardavo Sanremo - sì, lo so ogni anno dico che non lo guardo, ma poi non resisto ad una sbiarciatina - ed ho cambiato canale dopo che ho ripetutamente sentito sottolineare che sarebbe stato bello avere il pubblico, che sono tamponati tutti i giorni e quindi possono stare sul palco in qualche modo vicini, che è un'edizione particolare, che per scendere dal palco devono indossare la mascherina, che non si possono consegnare i fiori a mano, che mi raccomando il protocollo dice questo e il protocollo dice quello e tutto sempre con tono solenne. Ma io dico: sto guardando Sanremo con la voglia di staccare un pò e vedere un programma di musica e divertimento, non ho bisogno che ogni 3 secondi mi si ricordi del covid, lo so bene da sola! Così è dappertutto, durante un'intervista, in ogni programma. Ma basta!! E' intrattenimento? Ed intrattenimento sia! Già è molto che questa edizione ci sia, del mondo che Sanremo rappresenta in molti è un anno che lavorano e non hanno prospettiva, così come tutti gli altri lavoratori (e non hobbysti) dello spettacolo e della cultura e Lo Stato Sociale ce la ha ricordato.

Sono stanca delle videochiamate per vedere le facce delle mie amiche.
Sono stanca di non poter programmare una cena fuori.
Sono stanca del rosso, giallo, arancione e tutte le sfumature varie.
Sono stanca di non sapere cosa posso fare domani.
Sono stanca di vedere il mondo e cosa succede attraverso uno schermo.
Sono stanca di non poter comprare un biglietto per il cinema o il teatro o per un concerto.
Sono stanca di non poter fare un viaggio.
Sono stanca e preoccupata di vedere come ogni decisione che viene presa non guardi in avanti, ma solo al momento. Purtroppo arriverà il giorno in cui si dovrà dare risposte esaurienti a tutti quelli che hanno perso il lavoro oc he lo avranno perso non appena si sbloccano i licenziamenti, a quelli che hanno dovuto chiudere la propria attività, a tutti i ragazzi che non sanno più come sia passare il tempo con i propri amici o l'ebrezza dei primi amori, a tutti i bambini che si sono visti privati dell'esperienza più formativa che ci sia: stare insieme ai propri coetanei.
Arriverà il momento in cui ci renderemo tutti delle ripercussioni che quest'anno ci ha provocato e vedremo cosa succederà.

Cosa possiamo fare intanto? Tirare a campare direbbero i nostri nonni. Continuiamo a fare quello che abbiamo fatto fino ad ora, ma proviamo anche a cominciare a riprendere in mano la nostra vita. Proviamo a progettare cose nuove, incontri, non rimandiamo al "non appena si potrà" perchè abbiamo visto che in realtà non siamo troppo padroni del nostro tempo.
Diciamo a voce alta i nostri sentimenti. Se siamo arrabbiati, se siamo stanchi, se siamo avviliti o siamo contenti. Qualsiasi cosa va bene. Di certo è un inizio. Non priviamoci di esprimere i nostri sentimenti, non reprimiamoli perchè "sta brutto".

E poi concediamoci, se ci va, anche un bel "mi sono rotto il cxxxx" collettivo, gridato a gran voce e liberatorio e non per questo saremo menefreghisti.

E tu di cosa sei più stanco?
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4 commenti:

  1. Brava Vale!!! Ottimo pezzo 💪🏽❤

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  2. Ciao Valeria, condivido il tuo stato d'animo e lo comprendo. Noi viviamo così, come dici, alla giornata, siamo sottoposti a questo regime, ma credo che il governo anzi i governi hanno un programma che si inserisce in uno sviluppo economico, finanziario il quale ha bisogno del nostro sacrificio, come dici. Questo sacrificio non sarà premiato in alcun modo e in ogni caso non condivido la mattanza che si sta facendo dei più fragili. Questi sono nei campi di prigionia tra la neve, picchiati e denutriti. Questi sono tra chi non può più rivendicare alcun diritto.Questi sono negli espulsi dal mercato. Questi"quasi morti" abitano vicino a noi come del resto abitavano i già morti, nel nostro mare, nelle mure domestiche le migliaia di donne e al lavoro le migliaia di operai. Il nostro sacrificio, infine reputo, sia utile solo a chi ne trae profitto. Un caro abbraccio

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  3. Credo che il nostro sacrificio sia richiesto perché è il più veloce, il più immediato ed anche il più scontato. Purtroppo è un retaggio culturale che ci portiamo da sempre e ancora non siamo riusciti a superarlo.
    Quello che dici tu riferito ai più deboli è anni che viene fatto e non è mai condivisibile secondo me. Loro non sono solo esclusi dal mercato, ma prima di tutto li hanno privati di ben altro come una dignità, condizioni umane decenti. Sono trattati spesso come rifiuti e questo è inaccettabile non solo in questo periodo, ma sempre. L'unico motivo per cui non ci siamo noi al loro posto è solo fortuna geografica e ce ne dimentichiamo molto spesso.
    Un abbraccio a te

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